Enrico Berlinguer: un politico lungimirante sgradito sia agli USA che all’URSS

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di Santi Maria Randazzo

Nella complessa situazione in cui si venne a trovare l’Italia nell’ultimo dopoguerra per effetto del trattato del 1947 e dei successivi protocolli segreti NATO, la sovranità limitata che i governi italiani dovettero subire e tenere in debito conto per cercare di garantire gli interessi nazionali determinò il sorgere di una serie di ostacoli che vennero solo in parte superati grazie all’intelligenza di uomini come Enrico Mattei, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer: quest’ultimo dovette operare una sintesi politica estremamente complessa in quanto le sue posizioni politiche si ponevano in contrasto, allo stesso tempo, con gli interessi USA, della NATO e dell’URSS.

La segreteria di Enrico Berlinguer, accentuando la già annunciata relativa autonomia politica affermata da Togliatti con la sua posizione policentrica, ha segnato un passaggio epocale nella politica del PCI che, nella stagione del “Compromesso Storico”, con grande realismo politico nel contesto delle condizioni strutturali della congiuntura a livello internazionale, seppe essere determinante nello stabilizzare gli equilibri politici e nella gestione condivisa del potere in Italia pur non avendo mai fatto parte della compagine governativa. Il policentrismo politico sostenuto da Togliatti, che rivendicava una certa autonomia politica, era già stato oggetto di una severa censura da parte di Mosca per mezzo di una delle voci più autorevoli del comunismo internazionale, il tedesco orientale Ulbricht, che negli anni ’50 arrivò ad affermare che il policentrismo sostenuto da Togliatti costituiva una deviazione dal pensiero marxista-leninista ed una pericolosa eresia da debellare. Dopo la costruzione del Muro Di Berlino nel 1961, data dell’instaurazione della “Guerra Fredda”, in difformità dalla linea politica del Patto Di Varsavia, il PCI sostenne la linea della distensione portata avanti da Willy Brandt e già nel 1967 troviamo Enrico Berlinguer quale uno dei tre componenti della delegazione del PCI che, segretamente, incontrò il consigliere di Brandt, Leo Bauer per verificare la possibilità di smorzare le tensioni in Europa determinate dalla Guerra Fredda. In questa fase storica la contestazione delle posizioni politiche del PCI rispetto ai dogmi marxisti – leninisti venne di fatto “delegata” dall’URSS ai comunisti della DDR che contestarono pubblicamente le posizioni del PCI nell’ambito della autonomia degli intellettuali, degli artisti e del sindacato rispetto alla linea ufficiale del partito; contestazione ancora più dura venne manifestata nell’ambito del rispetto dei diritti umani e civili sostenuti dal PCI.

Nel 1969 in occasione del congresso internazionale dei partiti comunisti, tenutosi a Mosca, Enrico Berlinguer, delegato del PCI a tale congresso, si spinse a contestare la dottrina della sovranità limitata dei paesi dell’est, affermando l’autonomia dei partiti comunisti nazionali rispetto al partito-guida sovietico. Al duro attacco che venne attuato nei confronti di Berlinguer per le posizioni assunte in tale congresso, questi rispose successivamente che negli scritti di Lenin non vi era nulla che autorizzasse a sostenere che fosse operabile la violazione dell’indipendenza e della sovranità di un paese straniero. Con l’avvio della stagione del “Compromesso Storico” a cui corrispose, da parte del PCI di Berlinguer, la maturazione del progetto di autonomia politica dell’eurocomunismo, in contrapposizione al centralismo sovietico, si sviluppo nel corso dei primi anni ’70 un serrato confronto che vide come soggetto mediatore politico il partito comunista della DDR nel vano tentativo di riportare il PCI e Berlinguer all’ortodossia sovietica.

La posizione di Berlinguer e del PCI aveva determinato il sorgere di un serio problema per il partito comunista sovietico, preoccupato che l’autonomia politica rivendicata da Berlinguer potesse contagiare i paesi dell’est. Nel 1973 i sovietici fecero un ultimo tentativo di convincere Berlinguer ad abbandonare a posizione critica nei confronti della politica di Mosca, contestata soprattutto per i fatti di Praga, predisponendo un piano ”B” nel caso in cui non fossero riusciti a riportare il segretario del PCI su posizioni ortodosse. Berlinguer fu attirato nella trappola tesagli da Mosca con la complicità del capo del partito comunista bulgaro Todor Zivkov che, dopo un primo vano tentativo attuato nell’anno precedente per ricondurre Berlinguer all’ordine, ripetutamente lo invitò a Sofia nel 1973 per tentare di convincere Berlinguer ad abbandonare le sue posizioni antisovietiche. Le preoccupazioni sovietiche che derivavano dal timore di un pericoloso contagio autonomista nei paesi dell’est dell’esempio italiano erano pari, sebbene per altre motivazioni, alle preoccupazioni USA derivanti dalla costante crescita elettorale del PCI, emerse dopo l’affermazione elettorale di Salvator Allende in Cile nel 1970. Come documentato da Gabriella Saba, in un suo articolo del 3 novembre 2017, dopo la vittoria di Allende in Cile, il 5 novembre 1970 Kissinger aveva scritto a Nixon che: “L’esempio di un governo marxista eletto con successo in Cile avrebbe sicuramente un impatto e un’importanza come precedente in altre parti del mondo, soprattutto in Italia.

A Sofia Enrico Berlinguer, dopo essere stato repentinamente congedato da Zivkov che non era riuscito a piegarlo al diktat di Mosca, venne fatto oggetto di un attentato che, come testimoniato dal senatore Emanuele Macaluso nel 1991 e successivamente dalla stessa vedova di Enrico Berlinguer, aveva avuto come obiettivo l’eliminazione fisica di Enrico Berlinguer. Il provvidenziale impatto su un traliccio della luce dell’auto su cui viaggiava Berlinguer, che venne investita da un camion militare bulgaro con l’intento di farlo cadere da un ponte, impedì che la macchina su cui viaggiava Berlinguer ed alcuni dissidenti bulgari cadesse nel vuoto e che Berlinguer venisse ucciso rimanendo solo ferito. Berlinguer mantenne comunque ferma la sua linea politica che rivendicava l’autonomia nell’ambito dell’attuazione della via italiana al socialismo, raggiungendo il culmine della differenziazione dalla politica di Mosca quando nel 1981, all’indomani della repressione della rivolta operaia in Polonia da parte dell’URSS, il segretario del PCI affermò che era storicamente esaurita la spinta propulsiva della “Rivoluzione d’Ottobre”. Probabilmente il mancato attentato a Berlinguer orienterà coloro che ritenevano contrario ai loro interessi il “Compromesso Storico”, nel 1978, a impedirne la concreta e piena realizzazione con l’eliminazione di Aldo Moro.

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